Ho scelto di realizzare questo breve articolo perché forse il gambero di fiume è uno degli emblemi italiani relativi alle specie a forte rischio d’ estinzione e che maggiormente, nonostante la sua poco relativa vistosità quasi fosse un fantasma, meriterebbe di essere maggiormente tutelata e questo oggi purtroppo sembra ancora essere un miraggio lontano anche se già molto si è cercato di fare.Ho scelto di realizzare questo breve articolo perché forse il gambero di fiume è uno degli emblemi italiani relativi alle specie a forte rischio d’ estinzione e che maggiormente, nonostante la sua poco relativa vistosità quasi fosse un fantasma, meriterebbe di essere maggiormente tutelata e questo oggi purtroppo sembra ancora essere un miraggio lontano anche se già molto si è cercato di fare.
A prescindere che ogni specie presente sul territorio sia importante proprio perchè si incastra in una precisa nicchia ecologica e cioè va ad occupare il suo preciso spazio in natura bisognerebbe considerare che se le interazioni dell’ uomo fossero minime e ponderate tutto funzionerebbe meglio e da se e invece quasi ogni nostra presenza porta dietro a se uno strascico di mote e distruzione e, poi non contenti delle nostre azioni, quando ci impegniamo a cercare di rimediare ci dimentichiamo pure di quelle specie considerate “minori” ma che invece non lo sono proprio e che invece dovrebbero essere elevate a patrimonio della collettività come sarebbe giusto credere.
Per fortuna oggi qualcosa si stà muovendo in questo senso e si intravede un bagliore di speranza per questa fragile specie, ridotta all’ osso, e le altre costituenti la cosi detta fauna minore, un vero e proprio patrimonio di biodiversità che dobbiamo in tutte le maniere evitare di perdere e portare alle generazioni future.
La strada è ancora lunga e il futuro, anche per il gambero ed il granchio di fiume è incerto, infatti la specie un tempo presente e rigogliosa sul nostro territorio nazionale è oggi in netto declino e si possono veramente contare quasi sulle dita di una mano i pochi siti rimasti dove ancora è rintracciabile, costantemente minacciata e perseguitata dalle aggressioni dell’ uomo che è uno dei massimi imputati alla causa della sua rapida e ingiusta scomparsa quasi definitiva a livello nazionale.
Usando il termine ingiusto mi riferisco al pensiero che l’ uomo in effetti è ospite del territorio in cui risiede e come tale dovrebbe agire cercando di pesare e valutare bene ogni azione invece di agire in maniera indiscriminata come spesso accade, penso che questo darebbe dignità anche alla nostra specie e invece è risaputo che quasi a tutti gli squilibri che si possono riscontrare in natura dietro si cela sempre la presenza dell’ essere umano.
Non è un caso in fatti che in uno dei due siti a me segnalati della presenza del gambero, ove mi sono recato per il report e forse uno degli ultimi baluardi di questa splendida specie in alta Toscana, la popolazione superstite fosse stata estinta dalla pratica della così detta “pesca chimica di frodo” effettuata ai danni delle trote reintrodotte dal corpo forestale e senza il ben che minimo scrupolo nei confronti delle altre specie e nel danno ambientale che chi l’ ha operata è andato a perpetuare in un ambiente che sarebbe fantastico.
E non è un altro caso che, oltre alla forte urbanizzazione che sempre più dilaga con scempi di cemento anche legati ad ambigui compromessi frutto delle amministrazioni locali e la conseguente restrizione dei territori occupati da questa esigente specie, con l’ insorgere del rischio di indebolimento genetico dovuto all’ isolamento di queste poche disperate popolazioni relitte, una delle maggiori e più forti cause di che minacciano l’ Austropotamobius papilles si deve ricercare nell’ introduzione a fini venatori sul territorio di specie Aliene quali ad esempio il famigerato gambero killer o della Louisiana che oltre ad invadere le nicchie ecologiche d’ appartenenza della specie indigena in cui hanno scatenato una lotta impari per la prevaricazione sulle risorse, sul cibo, arrecando in molti casi danni anche ad altre specie come pesci e piante senza capacità di arresto complici la loro estrema adattabilità, l’ alta capacità riproduttiva e alla capacità non ultima di sfuggire abilmente ai pochi predatori in grado di cibarsene ma non ancora effettivamente specializzati anno anche introdotto nuove patologie che anno indotto quest’ ultima ad un inesorabile ulteriore rapido declino, patologie mortali come ad esempio il fungo parassita Aphanomyces asfaci e la peste del gambero.
A oggi inoltre sono veramente pochi gli esempi di regioni che hanno adottato un sistema di monitoraggio efficace delle varie popolazioni residue e che si impegnano attivamente alla tutela di questa ed altre specie simili intuendone il loro interesse ecologico.
Ne è un esempio la regione Emilia Romagna che ha istituito un vero e proprio programma di tutela e salvaguardia con la creazione in loco di più centri per l’ allevamento di popolazioni “riserva” atte a tamponare situazioni di forte degrado come potrebbero essere quella dove mi sono trovato ad operare e che ho documentato, con l’ importante emissione di speciali quaderni, volumi e poster studiati appositamente per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica e tutte quelle persone che probabilmente ignoravano sino a quel momento la presenza di questa massiccia specie e così anche altre, ne è un esempio il bellissimo volumetto ” FAUNA MINORE tutela e conservazione in Emilia Romagna” che fornisce all’ interno un valido vademecum anche per chi volesse approcciarsi alla fotografia di questa e altre specie vulnerabili.
Al momento del report oltre che a cercare di non arrecare danno al soggetto ritratto il mio maggior pensiero forse era quello di ricreare alcuni scatti in cui trasparisse il carattere vigoroso di questo piccolo re dei fiumi, del suo carattere e che al tempo stesso avessero anche una qualche valenza scientifica.
Volevo in qualche modo tirar fuori la personalità di questi animali per portarla ad un pubblico vasto nella speranza di attrarre un attenzione maggiore verso quelle problematiche che li stanno affliggendo.
CENNI SULLA BIOLOGIA
Con i suoi 12 – 15 cm di lunghezza, i suoi 100 g di peso negli esemplari più grossi e una vita che spesso può superare di gran lunga i dieci anni il gambero di fiume si presenta come uno degli abitanti più ancestrali e caratteristici dei corsi d’ acqua nostrani.
Si presenta con un tozzo e robusto carapace ( esoscheletro ) che funge da forte corazza contro i predatori e i consimili, possiede due grandi chele e organi sensoriali molto sofisticati;
la colorazione varia dalla fase rosiiccia a quella verdognola, esistono esemplari più tendenti al bianco e comunque vi sono variazioni anche in realazione al relativo stadio di crescita.
Esso vive in torrenti particolarmente ossigenati preferendo corsi d’ acqua a rapido scorrimento con fondo ghiaioso o sassoso.
Non disdegna però i corsi d’ acqua con fondo sabbioso ma purché essi presentino al loro interno insenature, piccole cavità o anfratti dove esso si possa rifugiare dai predatori e tendere i suoi agguati alle ignare prede.
La specie è molto esigente prediligendo acque con temperature attorno ai 15° C e comunque con ph basico fattore quest’ ultimo che ne determina l’ accrescimento dell’ esoscheletro.
Dalle abitudini prevalentemente notturne il gambero di fiume presenta una dieta onnivora capace di nutrirsi con piccoli invertebrati, pesci, alghe, occasionali carcasse e quant’ altro la natura sia in grado di fornirgli occupando un ottimo posto come decompositore attivo.
Spicca la sua aggressività con cui egli difende strenuamente il proprio territorio e con la quale sfodera tutta la sua forza devastante durante le lotte sessuali per l’ accoppiamento dove spesso subisce la perdita o il danneggiamento degli arti che poi si rigenerano nel corso delle mute quasi mai portando alla morte dell’ esemplare.
L’ accoppiamento generalmente avviene in autunno al termine del quale la femmina trasporta per circa cinque o sei mesi un centinaio di uova fecondate nascoste con cura sul proprio addome.
Esse si schiuderanno la primavera successiva dando vita a piccole larve che nei primi giorni di vita, prima di disperdersi, troveranno nel corpo materno protezione da larve come quelle fameliche dei coleotteri ditiscidi o delle libellule, dai pesci e da alcune specie di uccelli come i merli acquaioli e i corvidi.